Vivido vivo
Sigur lode
Opera House Concert Hall, 23 maggio. Anche il 24 e 25 maggio.
Recensione da Rod Yates
★★★★
Prima di iniziare questo tour, Sigur Ros islandese in tre pezzi era in dolori per sottolineare che questi spettacoli sarebbero stati più di una semplice performance di gruppo con il sostegno di un’orchestra. In effetti, il bassista Georg Holm disse a questa masthead Quei compagni di concerto avrebbero visto “la versione orchestrale della band”.
Nella modalità orchestrale di questo tour, Sigur Ros si posiziona con la Sydney Symphony Orchestra come parte dell’ensemble.credit: Daniel Boud
E così è che quando il trio segue il direttore britannico Robert Ames sul palco, ogni membro vestito uniformemente in nero, si posizionano tra le già sedute Sydney Symphony Orchestra, piuttosto che nella parte anteriore del palco. Il messaggio è chiaro: Sigur Ros fa parte dell’ensemble, non più o meno importante dei 41 musicisti che li circondano.
È un punto reso più volte durante questa escursione di due ore attraverso il catalogo cinematografico della band, spesso etereo, dalla traccia del titolo del loro album di debutto del 1997 Von al materiale dall’ultimo, Atta del 2023.
I violoncelli ricchi che uscono in Untitled #1 – Vaka lo prestano una gravitas più calde e più cupe della sua controparte registrata; L’entusiasmante climax di Oompah dello squisito se non beneficia dei bombe aggiunti, una delle rare occasioni che l’orchestra prende il volo a sangue pieno.
La stessa presenza dell’SSO offre alla band l’opportunità di realizzare lo staralfur carico di stringhe in tutta la sua gloria, un’impresa che hanno smesso a lungo di provare nei loro spettacoli dal vivo più tradizionali.
Caricamento
Sono padroni di navigazione in flussi musicali dinamici; Mentre Ekki Mukk si chiude e l’orchestra si dissipa lentamente, il ritornello ossessionante di Kjartan Sveinsson viene reso ancora più fragile in virtù del suono che lo precedeva, un contrasto che rende il pubblico completamente silenzioso mentre le note svaniscono per un whisper.
A volte le canzoni tendono a fondersi l’una con l’altra, il maestoso falsetto del cantante Jonsi Birgisson (uno strumento in sé) scivolando sopra le corde spaziose. Sarebbe, tuttavia, un disservizio per etichettarlo ripetitivo – invece l’effetto è più ipnotico e onirico, come se l’intero teatro dell’opera fosse un bagno sonoro gigante e completamente coinvolgente.