La lunga passeggiata
★★★ ½
Ma. 107 minuti
Hollywood nel 21 ° secolo ci ha regalato innumerevoli distopie giovani-adulti, ma non ricordo di aver visto un esempio bloaker del genere rispetto alla lunga passeggiata, diretto da Francis Lawrence, anche responsabile dei successivi film di Hunger Games.
The Long Walk: serio e raccapricciante.credit: Murray Close/Lionsgate
Questo è inteso come un complimento. Lawrence e lo sceneggiatore JT Mollner (Strange Darling) sono tornati a uno degli esempi fondatori del genere, un primo romanzo di Stephen King, pubblicato con un nome di penna nel 1979, ma ha scritto più di un decennio prima, quando l’autore era uno studente temuto di essere chiamato per combattere nella guerra del Vietnam.
Quell’ansia alla base della semplice premessa della storia, ambientata in un’America alternativa ancora più turbata della vera: 50 giovani firmano per prendere parte a una competizione parzialmente televisiva in cui camminano lungo un’autostrada rurale fino a quando non viene lasciato solo uno di loro.
Le regole vietano loro di fare una pausa più che brevemente, allontanandosi dalla pista battuta o rallentando la loro velocità sotto le tre miglia all’ora – e quando non sono in grado di andare oltre, i soldati che guidano accanto a loro semplicemente abbattono.
Saggiamente, i cineasti non hanno tentato di aggiornare il materiale – o non apertamente. I costumi evocano gli anni ’70 senza essere troppo specifici, e la passeggiata rimane un evento per tutti i maschi, sebbene l’eccellente cast sia più razziale diversi da quello che King avrebbe potuto vedere originariamente negli occhi della sua mente.
Né ci sono riferimenti alla cultura pop più contemporanei della fotocamera candida, a meno che il casting di Mark Hamill come ufficiale che sovrintende a questo rituale infernale equivale a un riferimento in sé (suggerisce anche che il suo obiettivo è rendere l’America di nuovo grande-ma non proprio in quelle parole).
Le morti sono molto più raccapriccianti che nei film relativamente addomesticati di Hunger Games, qualcosa che King stesso ha insistito come produttore esecutivo. Ma il tono è serio piuttosto che allegramente cinico. La vera sostanza del film è negli scambi profani ma sempre più filosofici tra quelli lasciati in piedi, in particolare il protagonista ribelle, Raymond Garrity (Cooper Hoffman) e il suo amico fatalista, Peter McVries (David Jonsson).